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Piccole imprese: alla ricerca dei manager giusti

L’innovazione, si sa, non chiede il permesso.

Non è più solo una questione tecnologica ma soprattutto una questione di capacità gestionale.

Non è più solo la difficoltà a fare incontrare domanda e offerta di profili professionali specifici ma sta diventando un problema anche la ricerca di figure manageriali. Soprattutto nelle piccole e medie imprese.

Figure che sappiano occuparsi della gestione di questo passaggio inevitabile al digitale. E allora non sembra proprio un caso, anzi è una convinzione precisa se oggi una piccola e media impresa su tre che non ha mai avuto al proprio interno un manager è alla ricerca di nuove figure manageriali da inserire. Tanto che, una su due assumerebbe subito questa figura, ma non le trova a causa di  disallineamento fra richiesta di competenze dal mondo delle imprese e competenze sul mercato. Insufficienti e non preparate.

Una difficoltà che raggiunge l’87% dei casi in generale, ma che in Lombardia arriva fino al 91%, al 94% tra le imprese più giovani e al 92% tra le imprese familiari.

Secondo il 44% degli imprenditori la principale carenza riscontrata è relativa alle cosiddette soft skills: capacità di leadership e di motivazione, conoscenza delle lingue, orientamento all’innovazione e al cambiamento, capacità di adattarsi a scenari in continua evoluzione

In cima alla classifica di figure manageriali più ricercate ce n’è una che, da sola, traccia molto bene l’idea di quanto sia concreta la sfida alla managerialità che stanno affrontando le Pmi: l’innovation manager.
Un ruolo aziendale cui fa capo tutto il lavoro per affiancare e governare l’innovazione e i processi industriali, per ideare prodotti e servizi innovativi e coerenti con l’era digitale fino ad arrivare a mettere mano agli stessi modelli di business.

Un bisogno che è urgente e che vale per tutti i settori, dicono gli imprenditori.

La spinta al cambiamento passa anche da questa nuova figura.
Questa fortissima spinta alla trasformazione è determinata da una serie di fattori che lo stanno coinvolgendo direttamente. E diventano pressanti: accelerazione tecnologica e digitalizzazione, fluidità dei consumi e volatilità dei consumatori, globalizzazione e concorrenza internazionale.

Il ruolo richiesto ai manager così passa dal fornire competenze specialistiche (marketing, finanza, ecc.) a essere sempre più business partner con compiti più ampi e complessi: individuare tendenze, accelerare e facilitare i cambiamenti, velocizzare i ritmi di apprendimento dell’organizzazione e valorizzare il capitale umano aziendale, creare processi e team di lavoro resilienti, valorizzare le diversità, sviluppare modi e processi di lavoro di tipo collaborativo, operare tenendo conto dell’etica e della responsabilità sociale.

Concentrati finora sulla qualità dei prodotti, ora gli imprenditori, soprattutto piccoli, si sono accorti che il tratto distintivo del loro “fare manifattura” resta ancora valido, ma è privo di una nuova spinta, non è più sufficiente. E individuano la ripartenza essenzialmente nella capacità di una gestione diversa e di una struttura aziendale che va riscritta. Secondo due linee principali e nuove di strategia. La prima, l’internazionalizzazione è una priorità: una figura manageriale che in azienda sappia guidare e guardare maggiormente oltre confine. I mercati esteri non possono essere più accantonati, ma l’export diventare uno dei perni centrali di una nuova strategia di crescita aziendale. Secondo punto, ma sullo stesso piano in quanto a priorità: la digitalizzazione. Il lamento è lo stesso sui due fronti. Non si trovano sul mercato manager con competenze nuove che sappiano far marciare insieme queste due strategie.

Non sempre è facile trovare una figura del genere ed ecco che l’imprenditore, quasi sconsolato crede di poter diventare da solo, il manager di cui ha bisogno.

Nulla di più sbagliato.

Il bisogno di innovazione percepita come un obbligo da parte di tutti gli imprenditori e la difficoltà di trovare manager adatti per avviare intervistati non deve indurre gli imprenditori a credere di poter fare da soli.
Bisogna investire nella ricerca affinchè la nuova cultura del gestire, dell’ investire nella propria formazione su innovazione e change management quindi in competenze digitali resti una priorità per la salute della propria Impresa.

I manager, quelli già in azienda e quelli proiettati nella trasformazione insieme agli imprenditori, sono pienamente consapevoli dei cambiamenti incorso e stanno reagendo con una formazione mirata su innovazione e change management (43,5%), leadership (36,3%), people management (35,2%).

La vera impresa è ”fare” la propria Impresa.

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